Ecco come l’alunno Thomas Siciliano di 3D indirizzo elettronica ed automazione ci insegna ad unire i contenuti disciplinari con quelli delle competenze informatiche e tecniche.
Ripassare attraverso questi link non è mai stato così divertente.
https://padlet.com/sicilianothomas08/biografia-di-anna-bolena-1yo1zp1nencyt5z4
https://youtube.com/@lamelodiadellaconoscenza?si=ojDlNH2YRnZYFPwu
Anche la musica può servire per imparare con una bella storia sul Decameron:
LA FUGA DA FIRENZE
Anno del gran flagello, che Firenze piegò,
Un morbo nero e fiero, ogni gioia spense e strozzò.
Dieci giovani cuori, stretti dal terrore,
Lasciarono quei muri, cercando un nuovo fiore.
Sette nobili dame, con tre valenti cavalier,
Fuggiron dalle lame, del male prigionier.
Per verdi colli e valli, il loro cammino andò,
Scappando dagli strali, che il fato lor lanciò.
Con occhi pieni d’ombra, e un nodo nella gola,
Cercavan terre lontane, una sorte più che sola.
La peste era un fantasma, che aleggiava nel vento,
E ogni nuova plasma, portava un triste lamento.
Giunsero in un castello, lontano dal dolore,
Un rifugio novello, che leniva il lor ardore.
Là, tra fontane e giardini, la vita ritrovò un senso,
Ma i ricordi assassini, restavan senza un consenso.
Del mondo là fuori, che soffriva e moriva,
E il dubbio nei loro cuori, se mai la gioia riviva.
Per dieci lunghe giornate, narrar si convenne,
Storie di ogni annata, di gioia, amor e pene.
Novelle di fortuna, di inganni e di saggezza,
Per coprire la bruna, e cupa incertezza.
Ogni racconto un velo, sul dramma incombente,
Un fragile castello, contro il male pungente.
Ma il tempo non si ferma, e l’eco del malore,
Ricordava la ferma, realtà del loro orrore.
Le risate e i sorrisi, non potevan cancellare,
I volti dei visi, straziati dal morire.
E in ogni pausa breve, tra un verso e una canzone,
Sentivan l’onda greve, di una triste stagione.
Sotto un cielo inclemente, il filo della vita,
Si srotolava lentamente, tra la gioia smarrita.
Dieci voci unite, contro l’ombra del destino,
Cercando nelle storie udite, un conforto divino.
Un patto di parole, un argine al terrore,
Finché il sole non rivuole, la sua luce e il suo calore.
Quando il pericolo scemò, e l’aria si fece più pura,
Il gruppo si ridestò, con un’anima più scura.
Portavano nel cuore, il peso di quei giorni,
Un misto di terrore, e di nuovi ritorni.
Lasciarono quel rifugio, con passo più incerto,
Sapendo che il presagio, nel mondo era pur certo.
E il Decameron divenne, un canto di quei tempi,
Dove la vita si protese, oltre i fragili lembi.