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Stephen Hawking

 

Il 14 marzo scorso è morto, a 76 anni, Stephen Hawking, scienziato, astronomo, astrofisico di fama mondiale. Vorremmo ricordarlo anche noi.

Tutti dicono che era un genio. Ma chi è un genio? Uno più intelligente degli altri, della media? Sì, l’intelligenza c’entra con la genialità, ma non basta. Molti sono più intelligenti della media, eppure non sono dei geni. Il genio prevede, nel senso che vede prima, nel senso che vede qualcosa che gli altri non hanno ancora visto. Come gli autori di storie fantastiche, o di fantascienza. Solo che loro, gli autori, immaginano mondi che non esistono e li descrivono come se esistessero.

Hawking no. Lui si è messo a studiare degli strani oggetti, lontanissimi da noi, molto densi, così densi che attirano ed inghiottono tutto ciò che gli passa accanto, perfino la luce, che infatti scompare quando passa nei loro paraggi. Si chiamano buchi neri.

Cosa sono?

Il buco nero è uno strano oggetto a cui nulla può sfuggire. Secondo le leggi della gravità, formalizzate nella teoria generale della relatività di Albert Einstein, tutto ciò che capita entro un certo raggio dal centro del buco nero, sia materia o radiazione luminosa, finisce per essere inghiottito dalla sua immensa forza attrattiva, anche la luce, come detto. Si pensa che sia proprio la forza attrattiva dei buchi neri a tenere insieme le galassie. Infatti ce n’è uno anche al centro della nostra galassia. Si chiama NGC 4261, è distante 100 milioni di anni luce da noi, nella costellazione della Vergine. 100 milioni di anni luce sono tanti. Considerate che la luce percorre 300.000 km al secondo. In base alla velocità di rotazione del disco che lo circonda, la massa del buco nero è stimata a 1.2 miliardi di masse solari, pur occupando un’area non più grande del Sistema Solare. Il che vuol dire che è molto denso.

Ecco, nel 1974 il nostro amico Hawking teorizzò che i buchi neri non dovessero essere del tutto “neri”. In altre parole avrebbero dovuto emettere qualche tipo di radiazione luminosa, da allora nota appunto come radiazione di Hawking. Perché è importante? Perché, se i buchi nero emettono delle radiazioni, se qualcosa esce dai buchi neri, significa che a poco a poco perdono una piccola quantità di energia. E questo, secondo l’equivalenza di massa ed energia stabilita dalla stessa teoria relativistica, equivale a perdere massa. Allora ne consegue che in un tempo molto lungo, i buchi neri dovrebbero “evaporare”, cioè sparire. Potremmo anche dire morire, se li personificassimo ed associassimo la loro sparizione ad una morte. Ma è vero ciò che ha teorizzato Hawking? Oppure è fantasia?

Ecco, il bello è che Hawking arriva a formulare questa teoria per intuizione e attraverso calcoli matematici, ma senza poterla verificare. Ecco il genio, che vede oltre la realtà che appare, oltre il fenomeno, intuendo ciò che è ancora nascosto. Negli anni successivi s’è scoperto, anche per via sperimentale, che Hawking aveva ragione, aveva visto giusto. I buchi neri molto piccoli creati dall’acceleratore del Cern a Ginevra si dissolvono. Ma che succederebbe se finissimo dentro un buco nero come quello che sta al centro della nostra Galassia?

Non sarebbe piacevole. Saremmo probabilmente stirati, le nostre molecole sarebbero allungate, come spaghetti. Ci slancerebbe, fino a strapparci. Ma dove finiremmo, se per caso riuscissimo a sopravvivere? Non si sa cosa potrebbe iniziare da lì, dal fondo di un buco nero. Hawking ha definito l’orlo dei buchi neri l’orizzonte degli eventi, perché li dovrebbe finire tutto: lo spazio, il tempo, insieme alla luce. E cosa succederà quando i buchi neri avranno inghiottito le loro galassie? Si inghiottiranno tra di loro? I più grandi inghiottiranno i più piccoli? E poi, se ne restasse uno solo, in un universo buio e freddo? Che gli accadrebbe? Forse, schiacciato dal proprio peso, esploderebbe, come un nuovo Big Bang? E tutto ricomincerebbe da capo?

Chissà?

Non solo. Altre verifiche sperimentali hanno rilevato anche un effetto cruciale previsto dei calcoli di Hawking. La particella che sfugge dal buco nero è legata a un’altra particella che finisce dentro il buco nero: questa coppia è unita dall’entanglement, cioè una correlazione che, secondo le leggi della meccanica quantistica, si può instaurare in opportune condizioni tra gli stati di due particelle. In virtù dell’entanglement, una misurazione effettuata su una delle due particelle della coppia permette di conoscere il valore della stessa misurazione anche per l’altra particella entangled. Ciò avviene in modo istantaneo, a qualunque distanza si trovino tra loro le due particelle che formano la coppia. È questo il principio su cui si basano gli esperimenti che riguardano il cosiddetto teletrasporto quantistico. 

Ecco, Hawking ha intuito queste cose, prevedendole, cioè vedendole prima che si potessero dimostrare, come ha fatto Einstein con la relatività.

In più Hawking ha combattuto eroicamente contro una malattia terribile. A vent’anni gli avevano detto che avrebbe avuto due anni di vita. Non s’è lasciato scoraggiare, s’è impegnato, ha studiato, è diventato professore a Cambridge ed ha dato un senso alto alla propria esistenza. Ci pare un bell’esempio di una vita coraggiosa.

C’è un bel film, ‘La Teoria del Tutto’, che racconta bene la sua vita. Vi invitiamo a vederlo. E’ interessante e commovente.

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