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Un’intervista “dietro le quinte”

Il 16 maggio 2023, la compagnia teatrale del nostro istituto ha portato in scena “Sogno di una notte di mezza estate”. Il battesimo della compagnia risale però a giugno 2022 quando i ragazzi son saliti per la prima volta su un palcoscenico grazie allo spettacolo “Ulisse mon fre”.
Quattro repliche rigorosamente sold out: nulla di scontato in questi piccoli grandi risultati. E sono stati proprio questi frutti raccolti il motivo dell’incontro con la professoressa Fabiola Ganassi, anima educativa del progetto. Un progetto che, in una scuola grande e complessa come la nostra, può fare (e fa) davvero la differenza.

Quando è nata l’idea di fondare una compagnia teatrale a scuola?

«L’idea è nata all’arrivo della preside Elena Guidi che ha sempre avuto questo desiderio, riuscendosi a concretizzare grazie all’arrivo dei fondi necessari solo nel 2019. Purtroppo, come tutti sappiamo, ci siam ritrovati alle prese col covid e abbiam potuto iniziare davvero solo l’anno scorso. Per cui come partenza ufficiale direi di considerare Febbraio 2022.»

Qual è stata la risposta dei ragazzi?

«La risposta è stata positiva: molti attori dello scorso anno, infatti, hanno proseguito e son diventati oramai gli “storici” della compagnia.»

Come funziona il progetto?

«A tenere i corsi è Marco Merzi, il nostro esperto. Marco è una figura fondamentale. È bravissimo sia da un punto di vista professionale che di relazione coi ragazzi: sa come far uscire il meglio da ognuno, riesce a sottolineare e valorizzare le loro doti e, soprattutto, ha questa meravigliosa capacità di saper attribuire le parti guardando dentro i ragazzi che si trova di fronte. Tra l’altro non bisogna dimenticare che i nostri protagonisti (dietro le quinte e in scena) sono sia del settore tecnico che professionale. La nostra scuola ha la possibilità di far lavorare tutti. Uno spettacolo teatrale al Nobili può essere completamente allestito col lavoro dei ragazzi.»

Puoi essere più precisa?

«La nostra scuola, sotto la direzione del professor Amato e del professor Ambrosi ha una band che per il secondo anno di fila ha scritto una canzone basandosi proprio sul testo che avevamo scelto di mettere in scena; i nostri ragazzi possono occuparsi delle luci, delle scenografie (lo scorso anno sono state curate direttamente dai ragazzi sotto la direzione delle professoresse Vescio e Franzese); gli studenti sono anche i nostri stilisti: sono gli alunni del settore moda ad occuparsi dei costumi (sotto la direzione delle professoresse Monica Signorelli e Sara Berto)»  

Come sono stati scelti i due testi da mettere in scena? 

«Entrambi i testi sono stati una sfida. La vera sfida è stata far rivivere in una scuola tecnica dei classici, proporre l’anno scorso un testo che è alla base della letteratura occidentale (L’Odissea) e quest’anno un meraviglioso sogno shakesperiano. C’è da dire che grazie a Marco i ragazzi hanno affrontato dei classici rivisitati e questo credo sia un ulteriore valore aggiunto. Hanno concretamente capito cosa significhi l’espressione “classico senza tempo”.»

L’etimologia della parola teatro, come tu ben sai, ci riporta a due verbi greci “guardare” ma anche a “osservare, comprendere”. In molte altre lingue invece (francese, tedesco e inglese, per citarne alcune) il verbo “recitare” coincide con “giocare”. Secondo te quali verbi e quali parole riescono a sintetizzare al meglio il rapporto che i nostri ragazzi hanno sviluppato nel corso dei mesi di prove?

«Sicuramente, pensando ai ragazzi, mi viene facile dirti che la dimensione è stata prevalentemente quella del gioco. Se dovessi scegliere delle parole userei amicizia e unione: i ragazzi si frequentano, si ritrovano, stanno bene insieme. È proprio tangibile il loro piacere di stare insieme, di aiutarsi. Il teatro ha unito i nostri vari indirizzi: si avverte il ritrovarsi della scuola nella sua unità e questo è meraviglioso. Ancora, il teatro da noi coinvolge davvero tutti, sul palco nessuno si accorge che ci sono dei ragazzini con disabilità. Il teatro ha compiuto la sua ennesima magia e ha creato indissolubili legami.»

Ripartendo da questi legami, com’è stato per voi insegnanti interagire con loro?

«Ecco, accade anche qui una piccola magia: durante questo laboratorio teatrale non hai più l’aura da insegnante ma resti comunque la loro figura di riferimento. I ragazzi amano coinvolgerti, si confidano.
L’altra cosa bellissima: maschi e femmine insieme, che è una cosa che un po’ manca nella nostra scuola. I ragazzi stanno bene così e sono più equilibrati, si completano e aiutano in situazioni di difficoltà. Per il resto, il mio è un discorso di coordinamento ma soprattutto di divertimento puro. Come dico sempre: queste sono le mie ore d’aria settimanali!»

Cosa ti auguri per il prossimo anno?

«Mi auguro di continuare, di avere ancora più ragazzi considerando la nostalgia per gli studenti in uscita delle quinte. Altri auguri non ne ho, più che altro ho tanti ringraziamenti. Il gruppo si sta creando sempre più grazie ai colleghi: tutti vogliono partecipare. Quindi non solo i ragazzi, ma i docenti stessi si propongono. Avremmo dovuto avere un corpo di ballo di 30 persone insieme alla professoressa Camparada, però poi hanno avuto le olimpiadi della danza e il tempo è stato poco. A condurre il laboratorio ci sono state anche le colleghe Giulia Marziani e Barbara Mangini; ancora, dietro le quinte, c’è sempre il mitico Donato Vairo, il dottor Filippo Piccinini che si occupa della parte burocratica, la dolcissima signora Rosalba Di Micco che è la nostra prima fan, una persona meravigliosa. »

Hai già qualche anticipazione?

«Quest’anno sul palco c’erano quasi 40 ragazzi, il prossimo dobbiamo raddoppiare! E, questa per ora è solo un’idea ma… stiamo pensando ad un musical!»

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